Comune di Montecchio Emilia - Accademia delle Belle Arti di Carrara - Soprintendenza ai Beni Archeologici dell'Emilia Romagna

LE CERAMICHE DEL CASTELLO

Restauro della macina del molendino,
del mortaio in pietra,
delle ceramiche di scavo.

IL RESTAURO DELLA MACINA

II principale mezzo di sostentamento, fino ad un recente passato, era costituito dal pane. La farina ricavata dal grano, da altri cereali e dalle castagne costituiva la materia prima che consentiva di cibarsi e sopravvivere anche in momenti di carestia. Per questo il rinvenimento del molendino nel piano terra del bastione principale del castello dì Montecchio di cui si ha notizia in documenti risalenti al XI sec, assume un significato evocativo e simbolico. Esistevano numerosi molini posti lungo i corsi d'acqua ma quello del castello permetteva di resistere per tempi lunghi all'interno della cittadella fortificata ricavando la farina dalle granaglie ammassate per le emergenze. Gli scavi recenti hanno portato alla luce l'area circolare delimitata da un muretto dove a braccia o con un asino si produceva la forza necessaria a muovere la mola. Le due mole rinvenute, giacevano una accanto all'altra, fuori sede.
La sottostante composta, ma rotta in quattro parti, è stata lasciata nel luogo del rinvenimento, mentre la superiore, spezzata in nove pezzi sparsi richiedeva un intervento di restauro. Era necessario un assemblaggio fin intervento di pulitura. I frammenti sono stati portati nel laboratorio di restauro dell'Accademia di Carrara per essere studiati e ricomposti. Ad un primo esame risultavano evidenti alcune difficoltà di carattere operativo inerenti le caratteristiche stesse del manufatto. Le fratture non consentivano un facile assemblaggio essendo diagonali rispetto allo spessore della mola.

Dopo aver effettuato un rilievo ed una ricomposizione "a secco" ci si rendeva conto della impossibilità di inserire perni poiché la durezza del materiale impediva l'esecuzione adeguata di fori.
Emergeva altresì la mancanza di alcuni pezzi andati persi in epoca antica.
La soluzione adottata è consistita nell'incollaggio dei pezzi partendo da quello più grande posizionato in verticale su cui aggiungere gli altri e verificare da entrambi i lati il procedere dei lavori. Si è utilizzata una resina poliestere a bassa penetrazione realizzando un incollaggio debole ma sufficiente in modo da rendere l'intervento quanto più reversibile. Sono state effettuate una serie di stuccature a piano ribassato con calce idraulica naturale, sabbia, polvere di marmo verde, e pigmenti. Queste stuccature sono state effettuate per ovviare la penetrazione di polveri negli interstizi. Un trattamento finale a cera microcristallina ha completato questo intervento a carattere conservativo. Il lavoro di restauro è consistito anche nello studio del manufatto ed è possibile avanzare l'ipotesi che entrambe le mole stano state intenzionalmente rotte come atto di spregio dopo la conquista del castello. Materiali di così alta resistenza non si rompono per l'usura a conferma di ciò la superficie di contatto era stata battuta da poco. 

RESTAURO DEL MORTAIO IN PIETRA

Si è intervenuti anche su un mortaio lacunoso in pietra calcarea che non si esclude facesse parte dell'attrezzatura del molino. In questo semplice frammento incuriosisce la forma a bocca stretta probabilmente affinché impedisse la fuoriuscita delle granaglie o di altre materie durante la battitura a pestello. Per completare la parte mancante abbiamo realizzato una protesi in gesso, in modo da poter eseguire uno stampo, e da questo, un prototipo in pietra artificiale per poter così sperimentarne il funzionamento. Il frammento originale è rimasto lacunoso e dopo una leggera pulitura è stato trattato a cera microcristallina.

IL RESTAURO DELLE CERAMICHE

Dagli scarichi che riempivano alcune stanze del castello poste piano terra, sono venute alla luce innumerevoli cocci di ceramica la cui datazione è in fase di studio. Questi frammenti sono importanti per la quantità e qualità dei manufatti che sono stati portati alla luce grazie a1 paziente lavoro dei volontari del Gruppo Archeologico e della Vecchia Montecchio.
Gli allievi del corso di restauro dell'Accademia di Belle Arti di Carrara, hanno potuto esercitarsi nelle varie tecniche di restauro di manufatti fittili ed oggi è possibile presentare il secondo lotto di ceramiche restaurate.
La prima parte, restaurata da Bondi Simona nel 2003, riguardava i pezzi più importanti dal punto di vista artistico. I diciotto pezzi restaurati attualmente, riguardano soprattutto le stoviglie di uso comune come brocche, piatti, piatti da portata, ciotole.
In questo caso il restauro di questi manufatti ha privilegiato l'istanza storica. Dalla integrazione dei pezzi emergono una varietà di forme e dimensioni per noi inconsuete. I criteri impiegati nel restauro sono tra i più collaudati e rispondono alle ultime tendenze relative al restauro dei materiali fittili che hanno consentito agli allievi del corso di venire a conoscenza delle tecniche di pulitura, consolidamento, assemblaggio ed integrazione. Quest'ultima operazione ha stimolato la capacità di valutare singolarmente i problemi utilizzando, a seconda dei casi, i palloni gonfiati ad aria, le forme in argilla, gli stampi in gesso, il tornio verticale e tutte quelle tecniche a cui si ricorre per ottenere le integrazioni delle forme. La ricomposizione degli oggetti è possibile solo quando esistono le tracce della forma base, le pareti ed i bordi. Quando non sono presenti i dati sopra elencati la ricostruzione dei manufatti non è possibile e di conseguenza molti frammenti rimangono inutilizzati. Questa esperienza, indubbiamente significativa e gratificante per gli allievi di restauro è stata possibile grazie all'interessamento del Sindaco Iris Cigliolì, del dott. Mario Bernabei e dell'assessore alla cultura dott.sa Lorenza Bronzoni. Si auspica che questa iniziativa ponga le basi per una collaborazione tra l'Accademia di Belle Arti di Carrara e gli Enti Locali interessati alla valorizzazione dei propri beni di recupero.